Mi capita spesso di vedere a casa di amici delle tele che riproducono le sue opere. Questo però non l’associo a banalità, ma al contrario al consenso, in termini di gusto, che Andy Warhol è riuscito a riscuotere tra il pubblico.

Ciò che l’ha portato alla notorietà è soprattutto la sua originale visione di personaggi come Marilyn Monroe, Mao Tse-Tung e Che Guevara e la “ripetizione” è stato il suo metodo di successo: su grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori (prevalentemente vivaci e forti). Oppure, prendendo immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali (famose le sue bottiglie di Coca Cola) o immagini d’impatto come incidenti stradali o sedie elettriche, riusciva a svuotare di ogni significato le immagini che rappresentava proprio con la ripetizione dell’immagine stessa su vasta scala.
Io, oltre a collezionare le sue opere, mi sono appassionata alla sua storia di ‪#‎artista‬ irrequieto ed ho capito che il suo vero obiettivo era quello di lasciare parlare gli oggetti che produceva piuttosto che le sue parole.
La sua arte, che portava gli scaffali di un supermercato all’interno di un museo o di una mostra d’arte, era una provocazione nemmeno troppo velata: secondo uno dei più grandi esponenti della Pop Art l’arte doveva essere “consumata” come un qualsiasi altro prodotto commerciale.